“Produrre con onestà per tramandare alle generazioni future, costruendo mobili in legno
massello in grado di sfidare il tempo nel pieno rispetto dell’ambiente”.
Questo è il pensiero che guida e motiva ogni azione quotidiana di Riva 1920, l’azienda italiana specializzata nella produzione di arredi in legno massello dallo stile classico.
Nata da una piccola bottega artigianale a conduzione famigliare nella città di Cantù, Riva si è fatta strada negli anni diventando partner di diversi designer molto noti e una storia di successo di Viva Digital.
Possiamo iniziare con una breve descrizione della vostra società?
La società è una piccola s.p.a. posta a Cantù che possiede tre piccole fabbriche e, a mio avviso, un’eccellenza che è il nostro showroom, il quale ospita un museo con più di dodicimila pezzi che vanno dal 1750.
La stanza dove noi ora stiamo ospita la Pangea, poi vediamo anche una siloteca, una materioteca, una marmoteca e una grande libreria con un bel po’ di libri. Questa stanza è uno spazio che usiamo noi per fare le call, ma soprattutto è uno spazio che ospita, come già accennato, il tavolo a cui mi trovo e un altro similare dietro di me, molto grande e spezzettato che è appunto la Pangea Quest’ultima è stata presentata al padiglione Zero e realizzata in kauri, un legno di cinquantamila anni con sotto la crosta terrestre fatta con le briccole di Venezia. Questo per noi è una grande cosa, perché la nostra società porta avanti da anni e anni la cultura della lavorazione del legno.
La nostra idea aziendale si basa sul produrre per tramandare. Noi usiamo solo legni di forestazione, cerchiamo di dare loro una seconda vita senza andare noi a deforestare in primo passo, ma fronteggiamo anche delle complicazioni talvolta che, però, alla fine si rivelano risolutori di tale difficoltà. Per esempio, noi andiamo a colare della resina su tavole di circa quaranta/cinquanta mila anni e, così facendo, salvaguardiamo il legno, usando queste per le collature, quando invece la tavola integra e intera è perfetta ed è dedicata solo a fare legno.
Sono quindi trent’anni che noi facciamo un passo a favore dell’ambiente, pertanto non utilizziamo nemmeno la formaldeide per realizzare i nostri prodotti.
Questa sala che mi ha descritto tanto bene e tanto interessante è accessibile al pubblico e permettete le visite, o è dedicata unicamente alle riunioni aziendali?
Noi qui facciamo i meeting, ma per esempio, da qui a quindici giorni arriveranno tre scuole universitarie a farci visita.
Possiamo dire che noi accogliamo tutti e, anzi, se ne ho la possibilità, ci parlo anch’io così da provare a trasmettere la voglia di lavorare il legno e di seguire il nostro pensiero, che è quello di produrre per tramandare con qualità.
Io mi definisco un falegname e ho sessantotto anni, ho ancora voglia di lasciare qualcosa. Penso che un qualsiasi essere umano che può lasciare qualcosa alle prossime generazioni, debba farlo per far sì che, in definitiva, quando lascerà questo mondo, dentro di sé sarà contento e soddisfatto di aver fatto qualcosa di buono per il prossimo.
Ad ogni modo, prenotando sul nostro sito, è possibile fare visite per le scuole, mentre per le persone che vengono qui singolarmente o anche in piccoli gruppi per fare un giro, è possibile entrare anche senza prenotazione. Per sicurezza di disponibilità, consigliamo ai gruppi numerosi di affettarsi a prenotare prima di raggiungerci per una visita.
Com’è nata la vostra società e quali sono i prodotti di punta in questo momento?
La società è nata nel 1920 da mio nonno Nino e in seguito portata avanti da mio padre, ora la guido io. Quando sono entrato io eravamo in tre persone e poi l’azienda si è ampliata. A oggi ci sono stati dei cambiamenti, è entrato un fondo ungherese, anche se non ha la maggioranza.
I prodotti di punta sono vari, avendo diverse fabbriche. In una fabbrica produciamo tavoli, in un’altra, tronchi di cedro e, nell’ultima, mobili. Abbiamo diversi prodotti in ogni piccola azienda e ognuna presenta prodotti che sono di nicchia più forte rispetto alle altre. Per esempio, nella fabbrica in cui produciamo tavoli, abbiamo tavoli designati da Renzo Piano, Mario Botta, Farina e, in particolare, un pezzo molto forte dell’architetto Duan, poi abbiamo una molletta che fa da panca e decoro nelle case che può stare anche fuori sotto l’acqua poiché è fatta di cedro. Questi si possono definire i nostri prodotti forti.
Voi siete in una zona molto importante per questo settore. Qual è, secondo voi, la caratteristica che vi distingue dalla concorrenza?
Fatto molto importante che sicuramente ci distingue è che noi non usiamo sdrucciolato e carta. Bordiamo ancora tutti i prodotti con il massello proprio come faceva mio nonno, adoperiamo con anti vinilici e poi, da trent’anni, finiamo i mobili con oli profumati agli estratti di pino e arancia. Portiamo avanti questa lotta di rimanere fedeli alle tradizioni, al contrario di molte aziende che producono oggi e adoperano con sdrucciolato e carta.
Noi abbiamo una specificità nostra che è quella di impiegare le briccole di Venezia nei nostri prodotti. Un’altra cosa che facciamo solo noi è la lavorazione del cedro in tronchi, che altrimenti sarebbero andati per più del 90% al macero. Poi ci siamo inventati l’utilizzo del kauri, proveniente dall’altra parte del mondo. Di recente abbiamo ricevuto anche un legno che si chiama Giarra, che in aborigeno vuol dire sangue.
Poi ho fatto quest’operazione di un anno e mezzo con circa 180 falegnami di San Patrignano, dove abbiamo aperto le botti esauste e ne abbiamo fatto dei prodotti in collaborazione con grandi designer come Citterio, Terituana, Mario Botta e Farina. Noi pagheremo sei punti percentuali di fee sulle vendite da dare a San Patrignano per aiutare la comunità e dare il nostro contributo.
Chi è il vostro cliente tipo?
Il nostro cliente tipo è in primo luogo il rivenditore, poi abbiamo la flessibilità totale avendo clienti in tutto il mondo, esportiamo in Giappone, in America, in Cina e in Russia.
Quali sono i progetti futuri?
Il futuro è una grossa incognita perché, come sappiamo, è in atto una guerra e, anche se nel frattempo ci si sta riprendendo dal Covid, non possiamo avere certe previsioni su come si evolveranno questi eventi e come impatteranno le nostre vite. Al momento, posso dire che il nostro futuro come azienda è di presentarci al Salone del Mobile con prodotti nuovi e portare il messaggio che è necessario fare qualcosa, non si può andare avanti a distruggere il nostro modo sotto ogni forma. Anche se il futuro è incerto, noi stiamo lavorando e cerchiamo di portare materiali il più possibile a basso impatto negativo sull’ambiente e continuiamo a lanciare un messaggio di pace e sostenibilità, che in questo periodo storico è ancora più importante esaltare.
Come sta affrontando la vostra azienda il tema della digitalizzazione?
Non sono molto pratico di social, però la nostra azienda si è buttata a capofitto verso la digitalizzazione. Noi non crediamo più nel successo della carta stampata, mentre crediamo molto al potenziale della digitalizzazione, ci investiamo molto perché riteniamo che sia il futuro.
Che strategie di marketing pensate di portare avanti per il futuro e che obiettivi avete nel marketing?
Bisogna diventare forti sul mercato attraverso i rivenditori, trovare rivenditori molto validi. Anche la squadra fa la differenza, pertanto abbiamo un export manager mondo, un responsabile Italia, un export manager Europa, abbiamo un ufficio social e uno di comunicazione e grafica.
Al momento siamo impegnati in alcuni progetti, abbiamo messo in piedi una collaborazione, si tratta di una fiera virtuale. Noi abbiamo un agente in Canada e stiamo cercando alcune aziende specializzate nel design italiano in città canadesi con un numero di abitanti superiore al duemila, per mandare loro una lettera e presentarci. In questo modo, queste aziende canadesi sapranno quanto meno dell’esistenza del nostro marchio, questo è per noi come partecipare ad una fiera. Io ormai credo poco nelle fiere, se non nella Fiera di Milano. Questo è il nuovo modo per presentarsi e far conoscere ad altre aziende e persone la nostra società e trasmettere il nostro messaggio.
Ha un ultimo messaggio che vuole lasciare, o un augurio alla sua azienda prima di concludere quest’intervista?
Sì, voglio lanciare un sasso molto importante, perché è un po’ quello che ho passato e sto passando io. Fate molta attenzione a non allargare troppo le maglie della famiglia all’interno dell’azienda e a definire sempre bene i ruoli. Ricordarsi che prima è necessario fare andare bene l’azienda e poi, solo a questo punto, quello che cresce lo si può portare a casa.
È assolutamente importante lavorare insieme e avere a che fare con professionisti, ma anche stare attenti e non fidarsi di nessuno. Nessuno vuole lavorare con personaggi che prendono l’azienda come il jackpot di tutti i giorni.
Un ultimo messaggio che voglio portare è che trovo una pazzia surreale quello che sta succedendo, il mondo ha bisogno di muoversi verso un’altra direzione. Ci si sta distruggendo e la situazione deve essere cambiata. Anche l’Italia richiede di rivedere alcune normative, è importante dare più soldi al dipendente e più diritti all’imprenditore. Termino dicendo che spero finisca presto la guerra e che voglio impegnarmi ad aiutare con gande serietà le future generazioni perché così non si può andare avanti.